Penso tante volte a quel 17 dicembre 2023 sull’altare con Swami.
In quei giorni toccavo la disperazione interiore. Avevo una devastazione tale che mi aveva portato a sentire dentro un dolore inconsolabile fino ad avere pensieri terribili contro di me.
Nel turbine senza uscita ho sentito che in quel momento la mia unica possibilità era vedere Swami. Lo so che i suoi insegnamenti ci dicono di andare oltre la sua presenza ma in quel periodo i miei limiti umani avevano estremamente bisogno di concretezza. Così lo dico ai miei genitori che decidono di accompagnarmi.
Ho ascoltato il Darshan con una mente passiva, lenta, che funzionava e recepiva molto poco, anche a causa delle forti dosi di cortisone che stavo assumendo per un’infiammazione acuta che dovevo curare.
Ascoltavo la sua voce solo con il mio cuore. Ho ricordi fiochi delle parole precise ma molto nitidi della pace che mi arrivava solo a essere lì seduta.
Quando passa tra noi, il nostro sguardo si intercetta e mi sento travolta dal suo amore. Piango.
Al termine mi avvicino all’altare. Cerco i suoi occhi tra la folla con pazienza e allo stesso tempo determinazione. Mi sento assetata dell’Amore.
All’improvviso con quel suo tono indescrivibile mi dice: «Vieni dai».
Non posso credere che stia parlando con me, così rimango ferma. Lui mi continua a chiamare e io ancora incredula capisco di essere interpellata solo perché la folla mi fa largo.
Salgo con lui sull’altare. Vedo i suoi occhi del colore più bello del mare dirmi:
«Grazie per quello che fai per i bambini».
Non riesco a trattenere le lascrime.
«E tuo fratello è il tuo insegnante». Aggiunge.
E continuo a piangere.
Poi mi chiede di aiutarlo a sorreggere l’arati. Scambio uno sguardo di sorriso con quel ramia che mi conosce da sempre. È un sorriso di felicità per quello che sto vivendo.
Mi sento così piccola, impacciata, imbarazzata di fronte alla grandezza di Swami.
Allo stesso tempo con lui vicino mi sento di non avere più paura del buio che sentivo dentro e decido di dirglielo anche se a lui non piace mai ricevere meriti. E poi lui vuole che ce la faccia anche da sola.
Aggiunge un’altra frase che porterò per sempre nel mio cuore: «Tu sei una mamma perfetta».
E poi: «Sei bellissima».
E ancora: «Però non devi buttarti giù così tanto, un pochino sì, ma non così tanto».
Mi abbraccia a lungo e a me sembra di essere dieci metri sopra al cielo.
Non parlavo direttamente con lui da quasi trent’anni. Un’emozione che non si può raccontare e che porto dentro di me.
Il giorno dopo mio fratello Giacomo inizia il suo tracollo e trovo una forza inspiegabile per affrontare i successivi mesi di agonia fino ad accompagnarlo verso il cielo.
A volte mi chiedo che fine avrei fatto se non avessi conosciuto Swami.
A volte penso che senza di lui e i suoi insegnamenti non ce l’avrei fatta.
Spesso ho bisogno di ricordare quel giorno sull’altare con lui. Ai miei genitori ripeto questo racconto all’infinito.
Pensare a quel momento prezioso mi fa ritrovare la forza e sentire dentro un amore grande.
Trovare le parole per descriverlo è impossibile perché non può esistere scrittura umana che possa raccontare chi è per me Swami.
Dott.ssa Giulia Franco, Psicologa Psicoterapeuta
Padova, 14 settembre 2024
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