Tratto da un articolo del giornalista Dott. Piero Capello sul settimanale GENTE (N° 50 del 11-12-1981)
C’è un episodio eccezionale che la signora Elsa Bertona vuole riferire.
«È legato», dice «a un ritiro spirituale compiuto il primo venerdì del maggio scorso in una casetta ch’io posseggo a Ghemme, presso Novara. Quel giorno, con Roberto e alcune persone amiche, fra le quali la signora Elide, madre del ragazzo, avevamo deciso di trascorrerlo in preghiera nella tranquillità della mia casetta. Giunta la sera e prima di ripartire per Torino, avevamo apparecchiato tavola per consumare un pasto alla buona. Alla fine, preso il caffè e sparecchiato, uno di noi, che ci aveva accompagnato con la sua bambina, aveva voluto scattare una fotografia. Nel piccolo soggiorno della casa la luce era ormai accesa perché s’era fatto buio ma la macchina del nostro amico era dotata di flash. Così, raggruppandoci tutti dalla parte in cui sedevano Roberto e sua madre, qualcuno in piedi, qualcun altro prendendo posto, ci eravamo fatti ritrarre».
Cinque o sei giorni dopo, l’improvvisato fotografo aveva telefonato sconcertato alla signora: «Debbo venirla a trovare», aveva detto «perché quella fotografia scattata a Ghemme sembra aver inquadrato un soggetto che con voi non ha niente a che vedere». La signora Bertona estrae da una busta una copia della fotografia: vi è rappresentata, accanto a una tavola imbandita, un’immagine che assomiglia in modo impressionante a quella del Cristo dell’ultima cena attorniato da figure indistinte delle quali s’intravvedono a mala pena i volti. Di Roberto e dei partecipanti a quella giornata di raccoglimento religioso neppure l’ombra. «Forse», dico «sulla parete, dietro il tavolo…». «No», mi interrompe perentoria la signora «alla parete non c’era e non c’è mai stato nessun quadro così come non c’era più niente sulla tavola e come non c’è nessuna spiegazione tecnica di questa fotografia. Se vuole, può farsi ripetere il racconto dalla persona che l’ha scattata, ma mi lasci prima aggiungere che non le ho riferito questo episodio per sottolinearne la eccezionalità. Che sia eccezionale io, beninteso, non ho dubbi, ma posso benissimo sbagliarmi. Gliel’ho raccontato perché, fra i tanti, esso a mio avviso costituisce una dimostrazione della straordinaria personalità di Roberto e dei doni spirituali di cui essa è ricca forse a sua medesima insaputa».
…Abbiamo avvicinato a questo punto il signor Giorgio Bertano, quarant’anni, sposato e padre di una bambina di dodici, impiegato tecnico presso una grande azienda metalmeccanica, autore della fotografia scattata a Ghemme.
«Io», dice «conosco la signora Bertona soltanto dal novembre dell’anno scorso, quando l’ho incontrata a bordo di un pullman che trasportava a Roma un gruppo di fedeli di Padre Pio. Roberto Casarin l’ho incontrato stando vicino alla signora e nelle stesse circostanze. Da allora sono diventato amico di entrambi e ho cominciato a frequentare la Chiesa della Visitazione per partecipare alla recitazione del Rosario. Ma non mi chieda che cosa mi ci ha spinto, perché dovrei raccontarle una vicenda molto personale e delicata. Posso dirle soltanto che la conoscenza di Roberto mi ha liberato da un lungo dolore e mi ha insegnato a pregare come non avevo mai fatto».
«Quanto alla fotografia», continua Giorgio Bertano «non posso che confermare quanto le ha già detto la signora. Aggiungo soltanto, ammesso che possa servire, di aver usato una macchina Exacta di fabbricazione tedesca, munita di un obiettivo di 50mm che posseggo da due anni e mezzo. La mia bambina di dodici anni che quel giorno mi aveva seguito a Ghemme, faceva parte del gruppo fotografato».
Dott. Piero Capello
Un fatto singolare e straordinario:
Il 26 maggio del 1982, Natuzza Evolo di Paravati apparve in bilocazione alla signora Maria Teresa Saraceno, residente a Torino, e le mostrò questa foto, dicendole: “Questo è Roberto. Però è venuto il Volto Santo. Fatevi dare questa foto da Roberto”.
Leggi la testimonianza completa, pubblicata sul libro del Prof. Marinelli
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