Testimonianza di Giovanni e Cristina Giuriato al funerale del loro figlio Mattia

Mattia Giuriato

A MATTIA

Hai vissuto in questa dimensione terrena per trentasei anni, sembrano pochi ma per noi che ti abbiamo visto crescere sono stati trentasei anni pieni di vita, di amore e di interessi. Ponderando con attenzione le scelte, hai esplorato i tuoi talenti e le tue passioni per lo sport e per la musica.

Eri un precisino anzi un precisone, ogni particolare sia nel lavoro, nei tuoi hobby e nella tua persona era pensato e curato.

Sei stato una persona vera che non aveva interesse di apparire ma di essere.

Oltre agli interessi materiali, l’interesse predominante era rivolto alla spiritualità che tu hai approfondito leggendo vari testi.

Non ti accontentavi di risposte che non sentivi tue e pertanto la ricerca spirituale era parte della tua vita.

L’incontro con Swami Roberto è stata la svolta nella tua ricerca spirituale che, attraverso la conoscenza, ti ha fornito quelle risposte a quelle domande che da tempo ti ponevi.

Nel tuo libricino dove raccoglievi le tue domande e i tuoi pensieri hai scritto: «Io non conosco Swami Roberto come potrebbe essere per un familiare o un amico ma è come se lo conoscessi da sempre».

Gli ultimi due mesi della tua vita terrena sono stati molto duri per te e per noi familiari ma in quella stanza di ospedale sei stato in grado di trasformare la sofferenza in un sentimento di amore.

Quanto amore c’era in quella stanza, quanta pace e fede hai trasmesso a tutti noi, senza lamentarti mai del dolore, cercando di infondere in noi tutti fiducia e positività.

Eri così immerso in Dio e in Swami che una sera ci hai detto: «Ci sono due modi per affrontare la malattia, uno è l’accettazione, che non vuol dire non lottare per la vita, l’altro è maledire la malattia».

In questa tua riflessione hai scritto: «Nell’accettazione puoi trasformare la sofferenza e la malattia in una crescita e vivere l’esperienza sotto una forma di benedizione e di amore. L’altro modo è quello di maledire la malattia e vivi la sofferenza come un calvario. Tra i due modi io ho scelto di benedire!».

Una sera, erano gli ultimi giorni e la voce era sottile, eravamo io e la mamma. Ci hai chiesto di sederci accanto sul letto e ci hai detto: «Dio mi vuole bene, mi vuole bene ed è qui con me, non c’è paura, c’è tanto amore!».

Che esempio sei stato per tutti noi nell’affrontare la malattia e la sofferenza, quanta fede hai trasmesso.

Ci mancherai, Mattia, tanto tanto ma abbiamo la consapevolezza e la certezza che tu vivi e hai coscienza di esistere nell’amore di Dio e questo te lo ha detto anche Swami quando in una delle preghiere, si è avvicinato e ti ha chiamato «amore» specificando «ti ho chiamato per nome, è il tuo nome, amore!».

Eh sì, meraviglioso Mattia sei uno con Dio perché Dio è amore.

Un giorno ci incontreremo e senza l’ingombro di questi corpi limitati, perché le nostre esperienze terrene vissute con te sono legami eterni, nell’Eternità di Dio.

È stato un privilegio averti come figlio in questo nostro cammino.

CIAO, AMORE NOSTRO.

PAPÀ E MAMMA

‹ Il porto della Speranza e della Gioia