Conosco Anima Universale e Swami Roberto da quando avevo 14 anni (oggi ne ho 41), e tutta la mia vita e quella della mia famiglia, dal primo incontro con Swami e con i venerabili monaci Ramia, è stata arricchita da innumerevoli aiuti e miracoli che non basterebbe un libro per descriverli bene e testimoniarli tutti.
Molte volte nella nostra vita, in questi 27 anni di frequentazione del Monastero, ciò che sembrava impossibile (…e il baratro della disperazione era ad un passo da noi) si è trasformato in possibile, a dispetto di ogni logica umana e limite imposto dalla realtà ordinaria; inutile dire che tutte queste occasioni sono state per noi esperienza diretta che il Potere di Dio agisce costantemente in ognuno di noi e per noi, insegnandoci il Potere della Fede e donandoci il conforto e il calore della Divina Conoscenza che Swami ci insegna ad ogni Darshan con Lui: la Conoscenza in grado di smuovere davvero le “montagne” delle nostre croci karmiche. Così con tali “armi” potenti, in ogni circostanza di dolore, la disperazione ha inevitabilmente lasciato spazio alla Speranza, e la speranza ha aperto le nostre porte interiori alla Gioia, la gioia di veder superati ostacoli insormontabili, angosce profonde, dubbi esistenziali e tanta ignoranza spirituale.
A dimostrazione di quanto sto testimoniando, con questo mio scritto intendo condividere un evento straordinario accaduto a mio padre e alla mia famiglia pochi mesi fa, in occasione del ricovero d’urgenza di mio papà (infermiere in pensione) in un noto ospedale di Torino.
Tutto incomincia nell’ottobre del 2018, quando mio padre riceve purtroppo una terribile diagnosi di salute (adenocarcinoma al pancreas con carcinosi peritoneale estesa) che lasciava, secondo il protocollo medico, ben poche speranze di vita. Ovviamente è possibile immaginare come una diagnosi del genere possa mettere in ginocchio l’interessato e i suoi famigliari, ma grazie ai consigli e le indicazioni ricevute durante il consulto con ramia Roberto II (la preghiera, l’utilizzo delle magliette benedette e l’uso quotidiano dell’olio benedetto sul corpo dell’ammalato) mio padre e tutti noi siamo riusciti a non lasciarci sopraffare dall’angoscia e a reagire con forza al doloroso scenario che si prospettava nei mesi successivi… e questo è stato, a mio avviso, già un importante miracolo.
Come accennato poc’anzi, mio padre riceve questa terribile diagnosi nell’ottobre 2018; inizia la chemioterapia ma a causa dell’estensione della sua malattia e delle complicanze che comporta sia il trattamento chemioterapico che l’avanzare veloce della patologia, il 29 novembre viene ricoverato d’urgenza in ospedale per perforazione all’intestino; quel giorno mio fratello telefona immediatamente in Chiesa chiedendo ai Ramia di pregare per mio padre, egli nel frattempo viene operato con successo nonostante fosse a rischio di morte, o per la perforazione intestinale (purtroppo, a causa dell’estensione della carcinosi al peritoneo, dalla TAC non era possibile osservare il punto esatto in cui l’intestino di mio padre era perforato e il chirurgo doveva sperare di trovare presto la perforazione osservando l’intestino ad addome aperto) oppure mio padre poteva morire sicuramente per setticemia (a causa della chemioterapia aveva i valori dei globuli bianchi nel sangue pari a zero…).
Ricordo ancora il breve e rapido colloquio con il chirurgo prima dell'intervento che, in separata sede da mio padre, mi dice: «Signora, purtroppo lei è a conoscenza della gravità della malattia di suo padre. Noi ipotizziamo che suo padre abbia una perforazione all’intestino crasso, ma dalla Tac non è stato possibile rilevare in che punto, in quanto le metastasi estese comprimono e aderiscono su tutto l’intestino. A complicare la situazione abbiamo la pressione arteriosa che è molto bassa e soprattutto l’assenza di globuli bianchi… suo padre può morire o di peritonite o di setticemia… in ogni caso, anche solo per un motivo etico, dobbiamo provare ad intervenire e sperare di riuscire a trovare la perforazione… una volta provato a suturare questa, dobbiamo pregare che la sutura tenga e suo padre non vada in setticemia… se invece non facciamo nulla morirà sicuramente per peritonite». E’ stato terribile sentire queste parole… e per tutto l’intervento chirurgico di mio padre, mentre ero in sala d’attesa ad aspettare di essere chiamata ad intervento finito, pregavo costantemente Swami Roberto e la Divina Madre Miryam di tenerci come sempre per mano e di intervenire affinché l’intervento chirurgico si risolvesse con successo. Mentre pregavo ripetevo costantemente come un mantra l’indicazione che ramia Roberto II aveva dato a mio padre «quando ti assaliranno i pensieri angosciosi, e arriveranno, ripetiti costantemente questa preghiera “Divina Provvidenza aiutami… Divina Provvidenza aiutami”…». Man mano che pregavo in questo modo sentivo crescere dentro di me la fiducia che sarebbe andato tutto bene, mi sentivo in equilibrio e in Pace nonostante la mia razionalità mi spingesse a sentire il contrario. Mio padre esce dalla sala operatoria, il chirurgo mi rassicura che l’intervento è andato bene perché «per fortuna» (invece io direi per Divina Provvidenza) appena hanno aperto l’addome di mio padre sono riusciti a trovare immediatamente il punto della perforazione nonostante la rete intricata di metastasi; inoltre aggiunge che se fosse andata diversamente, costringendoli a cercare direttamente la perforazione nell’addome o nella zona retro-peritoneale, viste le aderenze della carcinosi sull’intestino avrebbero rischiato di creare ulteriori perforazioni. Mio padre successivamente viene portato in reparto, non muore di setticemia e i valori dei globuli bianchi sono risaliti immediatamente a partire dal giorno successivo all’intervento chirurgico… inutile dire che quanto accaduto e qui descritto è stato per me un secondo importante miracolo.
Arrivo ora a descrivere il terzo e straordinario evento accaduto a mio padre e alla mia famiglia negli ultimi giorni di vita di mio papà.
Dopo l’intervento chirurgico, mio padre ha una buona ripresa per cui con i sanitari si prospettava una dimissione dal reparto. Durante la degenza in ospedale, mio papà appariva sereno, e più volte mi diceva «…sai Stefania, mi sembra di vedere [Swami] Roberto qui di fronte a me… anzi, lo vedo proprio qui di fronte a me», indicando lo spazio tra il muro bianco di fronte a lui e il suo letto. Mio padre costantemente cospargeva il suo corpo con l’olio benedetto secondo le indicazioni date da ramia Roberto II al consulto e quando non poteva indossare direttamente la maglietta intima benedetta, la poggiava sull’addome… si sentiva protetto in questo modo… il suo tono dell’umore rimaneva stabile… inoltre non solo non si disperava, ma era di sostegno morale per il vicino di letto che pochi giorni dopo veniva dimesso lasciandolo da solo nella stanza.
Tutto andava bene. Fino a quando il giorno prima delle dimissioni prospettate dai sanitari, mio padre ha un brusco aggravamento della propria malattia, causato probabilmente da una nuova perforazione. A quel punto i medici decidono di non fare più nulla se non trattare solo il dolore con cure palliative, in quanto ci dicono che le gravi metastasi all’intestino di mio papà avrebbero causato continue perforazioni e che ulteriori interventi chirurgici sarebbero stati del tutto inutili in quanto per la debolezza generale mio papà non avrebbe sostenuto nessuna anestesia e nessun anestesista avrebbe autorizzato un’anestesia in quelle condizioni sanitarie.
Ci crolla il mondo addosso di nuovo, dal nostro intimo emergono forti emozioni di rabbia e di dolore, intensi vissuti di impotenza di fronte alla medicina che umanamente si arrende e che ti lascia da solo con la constatazione che ormai non c’è più nulla da fare. Viste le circostanze, i medici aggiungono di avvisare i parenti che da lì a breve mio padre sarebbe mancato al nostro affetto e che per questa ragione ci autorizzavano le visite dei familiari in qualunque momento della giornata.
Man mano che trascorrevano i minuti e le ore mio padre appariva infatti sempre più affaticato e soporoso; sopraggiunge anche la febbre che segnalava la probabile peritonite e il dosaggio di morfina viene inevitabilmente aumentato: mio padre lentamente iniziò a perdere conoscenza.
Io pregavo Swami Roberto di aiutarci ancora una volta, non riuscivo ad accettare di arrendermi all’impotenza che, come essere umano, sentivo di fronte alla rassegnazione dei medici. Ad un certo punto mi chiudo nel bagno della stanza a piangere e con forza invoco Dio e Swami Roberto di intervenire in qualche modo in questo momento della nostra vita così drammatico.
Quando esco dal bagno, ricordo che la mia migliore amica Erika quel sabato 15/12 u.s. aveva prenotato un consulto personale con ramia Rosvaldo presso il Monastero di Anima Universale a Leinì. Così la chiamo immediatamente e le chiedo se alla fine del suo consulto personale, proprio prima di andare via, poteva segnalare a ramia Rosvaldo l’aggravamento della situazione sanitaria di mio padre e la costatazione dei medici che oramai non c’era più niente da fare. Le domando di chiedere da parte mia a ramia Rosvaldo, se c’era qualcosa che potevo ancora fare, qualsiasi indicazione utile per affrontare quella situazione. La mia amica mi promette di farlo e mi avvisa che mi avrebbe richiamata appena finito il consulto. Questo accadeva la mattina del 15/12/2018: il consulto della mia amica era alle ore 15 di quel giorno.
Man mano che passavano le ore il monitor che rilevava le funzioni vitali di mio padre segnalava lentamente valori pressori e di saturazione dell’ossigeno in calo… il suo respiro diventava sempre più lento e affannoso, il suo volto si era trasfigurato in un volto di morte, con un colorito che faceva presagire che da lì a pochissimo avremmo assistito al suo ultimo respiro. Io pregavo costantemente la Divina Madre Miryam di tenerlo in vita almeno fino a ricevere le indicazioni di Swami tramite ramia Rosvaldo. Non avevo altra attenzione che non osservare quel monitor e pregare incessantemente «Divina Provvidenza, aiutaci». Ad un certo punto entrò il medico per monitorare e visitare mio padre e ci disse dispiaciuto «preparatevi, purtroppo non manca molto» e se ne andò dalla stanza. In quel momento eravamo al capezzale di mio padre: io, mia zia Rosetta (sorella di mio padre), mia madre, il migliore amico di mio papà (a sua volta infermiere in pensione… per mio padre era come il fratello che non aveva mai avuto), con la moglie; più tardi arrivò anche mio fratello che, allertato, aveva chiesto un permesso urgente al lavoro.
Guardo l’orologio e finalmente arrivano le 15; nel frattempo il monitor che rilevava le funzioni vitali di mio padre ogni mezz’ora segnalava acusticamente un valore in discesa. Finalmente, verso le 15.30 il mio cellulare squilla e la voce della mia amica Erika mi dice: «Ciao amica mia, ho appena parlato con ramia Rosvaldo: mi ha subito chiesto se i medici hanno detto che per tuo padre non c’è più niente da fare, io ho risposto di sì. Mi ha detto di dirti che pregano per lui». A questo punto sentii forte dentro di me di andare vicino a mio padre e sussurrargli nell’orecchio a bassa voce proprio queste parole «Papà, ho appena parlato al telefono con Erika che oggi aveva un consulto con ramia Rosvaldo. Ramia Rosvaldo le ha detto di dirci che Roberto e i Ramia stanno pregando per te… forza papà… non mollare… tu ora sei sul confine, sei borderline». A quel punto si crea una catena di amore verso mio padre da parte di tutti coloro che erano presenti intorno al suo letto: il suo migliore amico gli dice in modo scherzoso mentre con un fazzoletto gli inumidiva le labbra «Dai Angelo, guarda, sono venuto qui a trovarti… cosa fai, non mi saluti? Dai, girati verso di me, altrimenti mi offendo e me ne vado», poi segue mia zia «Dai Angelo, su… non lasciarmi da sola, forza, svegliati», e a mia mamma mentre gli accarezzava un braccio «Dai Angelo, forza… dobbiamo tornare a casa» e la moglie del suo migliore amico «Angelo, sono Luigina, mi senti? Dai forza, siamo qui per te… salutami».
A quel punto accadde l’incredibile: osservo che mio padre dapprima muove lentamente un sopracciglio, poi un dito, poi le labbra, l’espressione del volto si trasforma di nuovo lentamente riprendendo il colorito abituale, poi muove la testa e infine apre gli occhi… Miracolo! Mio padre, per me e per tutti i presenti, torna indietro dalla morte! Inizia a parlare coscientemente con ognuno di noi, beve dell’acqua, stringe le nostre mani, ci regala sorrisi, io lo abbraccio forte e gli ripeto costantemente che ci ha fatto un grande regalo di Natale a tutti noi che abbiamo avuto il dono di poter assistere a questo avvenimento. Ringraziavo continuamente Swami Roberto per quanto era appena accaduto: il Potere di Dio si era manifestato in tutta la sua Potenza, superando e annullando ogni logica umana! Un momento prima io e gli altri testimoni di questo evento avevamo visto mio padre praticamente morto, con il volto trasfigurato in quel senso e con l’avvertimento del medico che da lì a poco sarebbero cessate le sue funzioni vitali, invece poco dopo aver pronunciato quelle parole all'orecchio, mio papà stava di nuovo interagendo con noi! Nemmeno il forte dosaggio di morfina aveva fermato la mano di Dio e di Swami Roberto che lo avevano riaccompagnato tra noi!
Né io né gli altri che erano con me in quel momento potranno mai dimenticare quanto accaduto, Dopo il “ritorno” di mio padre tra di noi, tutto sembrava brillare di una luce diversa, a tal punto che inspiegabilmente avevo la sensazione fisica di trovarmi addirittura in un’altra stanza… si respirava Gioia, si sorrideva e si facevano battute scherzose con mio papà: si respirava un’intimità interiore che è difficile descrivere a parole. Finanche il medico, quando è ritornato nella stanza per capire a che punto si trovava mio padre rispetto al suo fine-vita, è rimasto stupito nel vederlo conscio di nuovo e interattivo con ognuno di noi; anche i parenti che sono venuti successivamente a salutarlo si aspettavano di trovarlo già morto o in fin di vita, e invece sono rimaste esterrefatti nel vederlo in questo modo!
Mio padre trascorrerà poi la notte alternando momenti di riposo a momenti di scambi comunicativi, fino ad addormentarsi definitivamente la domenica successiva alle 11.30, nel momento esatto in cui terminava la preghiera presso il Monastero di Anima Universale a Leinì. Quella mattina Swami Roberto non era presente fisicamente al Darshan e l’intera preghiera condotta dai Ramia sembrava dedicata a mio padre e a quanto stava accadendo alla mia famiglia. Io ero presente in Chiesa con mia madre per poter ringraziare per quanto ricevuto, mentre mio fratello, mia zia e il mio compagno Valerio erano con mio papà nel momento del suo ultimo respiro.
Lo Spirito di mio padre aveva comunque deciso di lasciare questa dimensione, ma lo aveva fatto, grazie a Swami Roberto, avvolto nella Luce di Dio e in Pace; anche noi tutti i giorni successivi eravamo pervasi da un’intensa e soprannaturale sensazione di Pace.
Grazie grazie Swami Roberto per tutto l’Amore e la Forza che ci doni dal primo istante in cui ti abbiamo conosciuto su questa Terra.
Stefania Carbonella
Torino, 21 marzo 2019
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