Dal libro: Natuzza di Paravati, 2° Vol.

Natuzza di Paravati Vol. 2°

La signora Maria Teresa Saraceno, di Reggio Calabria Archi, ma residente a Torino, racconta:
«Il fatto più straordinario mi è accaduto il 26 maggio del 1982. In quel periodo mi trovavo a Torino, dove mi son trasferita da un anno con la mia famiglia.
A Torino vive un giovane di 19 anni, Roberto Casarin, che ha le stigmate, dicono, ha la visione di Gesù e della Madonna, ed altri doni straordinari. Prega con molta devozione e in quell’epoca guidava la recita del Rosario nella Chiesa della Visitazione il sabato pomeriggio, e nella Chiesa di Sassi, dove abita, il mercoledì pomeriggio. Mi recai di sabato nella Chiesa della Visitazione, ma c’era molta gente e non potei accostarlo. Decisi allora di recarmi il mercoledì successivo a Sassi, che si trova sulla strada che conduce a Superga.
Swami RobertoLa notte precedente sognai Natuzza che mi accompagnava da Roberto e poi, sorridendomi, mi salutava e se ne andava. Aveva però un aspetto più magro di come io la ricordavo e portava degli occhiali.
Il giorno successivo, in compagnia di mio marito e mio zio, mi recai nella Chiesa di Sassi. Arrivammo in anticipo rispetto al Rosario, che incominciava alle diciassette. Dopo aver preso posto vennero a chiamarci perché avevamo parcheggiato l’auto in sosta vietata. Io uscii con i miei, ma poi, poiché le cose andavano per le lunghe, rientrai in Chiesa.
Mentre mi dirigevo verso la navata centrale per prendere posto vidi una signora seduta su un banco, che si girò verso di me e mi chiamò, facendomi cenno di sedermi accanto a lei. Con mio stupore notai che assomigliava molto a Natuzza, ma soprattutto alla donna che io avevo sognato la notte precedente, in quanto portava gli occhiali ed aveva lo stesso aspetto, più magro di quello di Natuzza. Dato che lei mi aveva chiamata, pensai che mi conoscesse, e che forse mi aveva visto il sabato precedente, quando mi ero recata nella Chiesa della Visitazione.
Le domandai: “Ci siamo già incontrate?”.
Lei: “Quando?”.
Io, per errore, invece di dire: sabato scorso, dissi: “Mercoledì”.
Lei rispose: “No, mercoledì no, mercoledì ero a Lourdes con Roberto” (infatti ho saputo poi che il mercoledì precedente Roberto si trovava a Lourdes).
Poi quella signora aggiunse: “Volete dire sabato, non mercoledì. Mercoledì non c’ero!”.
L’accento di quella donna era calabrese, e pur non pensando che si potesse trattare effettivamente di Natuzza, quando ella parlava e soprattutto quando sorrideva, io mi sentivo molto turbata.
Le chiesi: “Lei conosce bene Roberto?”.
“Sì, ho messo le dita nelle sue stigmate”
, mi rispose.
Nella mia mente pensai: “Ma come si è permessa di fare questa cosa!”.
Di rimando lei mi chiese: “E lei ci crede?”.
“Sì, io ci credo” le risposi, e dato che avevo con me il libro di Natuzza, che avevo portato per mostrarlo ad una mia amica che sapevo sarebbe venuta in Chiesa, proprio per rafforzare il fatto che credevo in Roberto, le mostrai il libro di Natuzza, dicendole: “Io conosco una signora che ha tante manifestazioni straordinarie, vede Gesù e la Madonna, ecc.”.
Lei mi sorrise e mentre io avevo aperto il libro e le volevo fare vedere le foto, mi disse: “Nascondetelo, non fatelo vedere”.
La chiesa era piena di gente e lei non voleva che altri si accorgessero del libro.
Poi mi disse: “Lei è fortunata, perché suo marito le permette di fare quello che vuole. I miei figli sono contenti per quello che faccio, ma mio marito no”.
Più volte io stavo per dirle: “Ma sapete che questa notte vi ho sognata?”.
Ma mi sembrava male, e mi trattenni. Assomigliava completamente alla donna che avevo sognato e molto a Natuzza, pur essendo, ripeto, più magra, con i capelli ben pettinati, e con gli occhiali.
Io non pensavo che fosse proprio Natuzza, ma invece una persona che le assomigliava molto, anche se troppi particolari coincidevano: a questo però pensai in seguito, non lì per lì.
Poiché io avevo con me un messaggio di Gesù e della Madonna a Natuzza, del venerdì santo del 1981, lo estrassi dalla borsa e la invitai a leggerlo. Ma lei mi rispose: “Lo legga lei”.
Io insistevo che lo leggesse lei, e lei che lo leggessi io (Natuzza, è ben noto, non sa né leggere né scrivere).
Lei mi diede un foglio che avevano distribuito in chiesa, sul quale c’era un messaggio di Roberto alla Madonna, invocata come Regina della Pace, e mi disse di scriverle il messaggio dietro. Io ne trascrissi una parte, fin quando non entrò Roberto in Chiesa e non iniziò il Rosario.
Questa Signora poi aprì un borsone nero, mi sembra, che aveva con lei e mi mostrò una foto di Roberto con la croce sulla fronte ed un’altra foto nella quale si vede Gesù al tavolo dell’ultima Cena.
“Questo è Roberto”, mi disse. “Però è venuto il Volto Santo”. “Fatevi dare questa foto da Roberto”, aggiunse, rimettendo la sua nella borsa, (si tratta di una foto scattata a Swami Roberto nel 1981).
Ad un certo punto quella signora mi disse: “Guardate che calore mandano le mie mani…”.
Io non ebbi il coraggio di toccargliele, ma sentii effettivamente che emanavano calore. Poi venne Roberto ed iniziammo la recita del Rosario. Questo Rosario dura un’ora intera. La signora al mio fianco si inginocchiò e si immerse completamente nella preghiera. Ogni tanto io mi distraevo e mi voltavo a guardarla, ma lei era totalmente assorta, concentratissima nella preghiera e stette inginocchiata per tutta l’ora.
Quando finì il Rosario mi disse: “Vada da Roberto, gli dia la mano”.
Diceva forse questo perché dicono che Roberto abbia il dono delle guarigioni? Mentre io cercai di avvicinarmi a Roberto, vidi che quella signora parlava con mio zio, il quale, assieme a mio marito, aveva partecipato alla recita del Rosario e si era seduto alla mia sinistra. Mio zio era stato vicino a me, e mio marito più lontano. Anche a mio zio quella signora diceva di avvicinare Roberto e di stringergli la mano.
Mi avvicinai a Roberto, ma non riuscii a parlargli, perché c’era molta folla.
Allora quella signora mi disse: “Vada a casa di Roberto, dalla mamma”. Roberto abita nella canonica della Chiesa.
Incoraggiata da lei, mi presentai a casa sua. “Vi porto i saluti di Natuzza di Paravati”, dissi a Roberto, non so perché, senza rendermene conto, perché con Natuzza non avevo mai parlato personalmente di Roberto. Ma la donna del sogno, simile a Natuzza, e la donna che era stata sempre al mio fianco, eguale a quella del sogno, mi avevano in effetti mandato da lui! Roberto chiamò sua madre, dicendole: “Mammina, questa signora conosce Natuzza! Ne ho sentito tanto parlare. Me la saluti tanto!”
Mi diede poi due foto col volto di Gesù.
Quando uscii dalla casa di Roberto e mi riunii ai miei, non vedemmo più la signora, né loro si erano accorti dove fosse andata.
Il 21 giugno 1982 mi recai a Paravati, da Natuzza. Quale non fu la mia meraviglia nel vedere che aveva gli stessi occhiali della donna che avevo sognato e poi visto a Sassi, lo stesso aspetto più magro, i capelli pettinati nello stesso modo, finanche il vestito simile. Io Natuzza me la ricordavo più robusta e non l’avevo mai vista con gli occhiali.
Quando fui ricevuta da lei, non ebbi il coraggio di dirle di averla vista a Torino, pur avendo la certezza ormai che fosse stata lei, e le dissi soltanto: “Mamma mia, Natuzza, così vi ho sognata!”. E lei, immediatamente: “E così mi avete vista!”.
“Allora eravate voi Natuzza?”
“Sì, ero io.”
“A Torino, nella Chiesa, con mio marito e con mio zio.”
“Sì, ero io e sono stata con te un’ora e un quarto.”
Della durata del Rosario e della sua continua permanenza con me, io non gliene avevo assolutamente parlato.»

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